Intervista con Richard Lennane, Policy Adviser – Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR), esperto di disarmo

Marzia Grimaldi, Focal point campagna “Nuclear Experience” della Croce Rossa Italiana (MG): il 2010 è stato l’anno in cui il Movimento Internazionale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa (“Movimento”) ha intensificato il proprio impegno volto a garantire la messa al bando totale delle armi nucleari. Volevamo chiederle nello specifico, che tipo di azioni sono state messe in atto a tal riguardo dal Movimento, in particolare dal Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) e dalla Federazione Internazionale delle Società Nazionali della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa (FICR)?

Richard Lennane, Policy Adviser, CICR (RL): Il 2010, in effetti, è stato un anno importante per quanto riguarda l’impegno del Movimento su questo tema. Il CICR, in particolare, ha lanciato un appello nel 2011, chiedendo agli Stati di adottare misure per prevenire qualsiasi potenziale utilizzo di armi nucleari, una volta per tutte, sulla base delle loro catastrofiche conseguenze umanitarie. L’intero Movimento si è schierato in favore di questo appello, impegnandosi sia a livello nazionale che internazionale e incoraggiando i Governi a creare, e poi ad aderire, a quello che oggi è il Trattato per la proibizione delle armi nucleari (Treaty on the prohibition of nuclear weapons – TPNW).

C’è un’intera gamma di azioni che sono state intraprese da diverse componenti del Movimento – tutte con l’obiettivo principale di far capire ai Governi e all’opinione pubblica più in generale le conseguenze catastrofiche di qualsiasi utilizzo di armi nucleari e l’incapacità di garantire una risposta umanitaria efficace nel caso in cui, ad esempio, una bomba atomica esplodesse in una città. Le Società Nazionali della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa (“Società Nazionali”), che sarebbero tra le prime a intervenire nei rispettivi contesti in caso di detonazione di un’arma nucleare, non sarebbero infatti in grado di fornire un’assistenza efficace. L’intero Movimento ha quindi portato avanti una sorta di campagna di sensibilizzazione in tutto il mondo in tal senso, con lo scopo ultimo di incoraggiare i Governi a proibire del tutto queste armi.

MG: Il Movimento Internazionale ha anche avviato un gruppo di lavoro sulle armi nucleare, quando è nato e a che scopo?

RL: Il gruppo di lavoro è nato qualche anno dopo il 2010, su iniziativa del Consiglio dei Delegati del Movimento Internazionale. È cresciuto lentamente nel corso degli anni, ora è composto da circa 40 Società Nazionali. Si tratta di un meccanismo per coordinare le attività che le diverse Società Nazionali possono svolgere nei rispettivi Paesi e talvolta anche a livello regionale, ad esempio per persuadere i Governi ad aderire al TPNW o per svolgere attività di sensibilizzazione sulle conseguenze catastrofiche delle armi nucleari. Tramite questo meccanismo, quindi, le Società Nazionali hanno la possibilità di sfruttare al meglio le loro attività al fine di ottenere il massimo impatto.

MG: Restando in tema, il disarmo nucleare per molti è una questione politica. L’impegno del Movimento al riguardo, quindi, non potrebbe essere considerato da alcuni come in contrasto con i Principi fondamentali?

RL: È certamente un tema politico ma questo non significa necessariamente che impegnarsi per il disarmo nucleare sia in contrasto con i Principi fondamentali del Movimento, anzi. Il motivo per cui il Movimento si è impegnato in prima linea su questo tema per così tanto tempo è che la Croce Rossa Giapponese e il CICR erano presenti ad Hiroshima nel 1945, quando è stata sganciata la bomba atomica, e hanno assistito in prima persona alla devastazione causata, realizzando che era pressoché impossibile riuscire a fornire un’assistenza efficace. Ad Hiroshima, ad esempio, l’80-90% dei medici e del personale sanitario sono stati uccisi o feriti dall’esplosione, il ché, ovviamente, ha fortemente limitato la quantità di cure che potevano essere fornite. Tutto ciò ovviamente ha avuto un impatto enorme sui membri del Movimento all’epoca. C’è un famoso telegramma dei delegati del CICR, esposto al Museo Internazionale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa di Ginevra, nel quale raccontano della loro visita ad Hiroshima dopo il bombardamento e la distruzione a cui dovettero assistere. È da quel momento, e in ragione delle devastanti conseguenze provocate dal lancio della bomba atomica, che il Movimento si è impegnato nel tentativo di eliminare queste armi. Per questo il disarmo nucleare non può essere considerato una questione strettamente politica: il lavoro del Movimento in questo senso deriva dalla sua esperienza diretta ed è del tutto in linea con i Principi fondamentali.

Inoltre, considerato che non abbiamo capacità sufficiente per poter rispondere in modo efficace ad una catastrofe nucleare, l’eliminazione di queste armi è l’unico strumento che abbiamo per garantire non vengano utilizzate di nuovo e che queste catastrofiche conseguenze non si verifichino mai più.

MG: A proposito di questo – come è riuscito il CICR, e il Movimento più in generale, a spostare l’attenzione del dibattito internazionale in corso dalle dottrine di deterrenza degli Stati alle conseguenze umanitarie derivanti dall’uso di armi nucleari?

RL: Sarebbe bello dire che siamo riusciti a spostare l’attenzione ma in realtà è una sfida continua. L’obiettivo del Movimento però è chiaro: sensibilizzare i Governi e l’opinione pubblica affinché maturino la consapevolezza che questo non è un tema né politico, né di sicurezza, né di difesa: l’eliminazione delle armi nucleari è necessaria alla luce delle devastanti conseguenze umanitarie che deriverebbero da qualsiasi altro loro uso. Stiamo cercando di comunicare lo stesso shock che ha vissuto il nostro staff, quando il CICR e la Croce Rossa Giapponese sono intervenuti ad Hiroshima e Nagasaki. Ci concentriamo quindi sui fatti e sulla nostra esperienza diretta: è facile farsi prendere dall’emotività, farsi risucchiare da argomentazioni relative alla deterrenza e alla sicurezza, soprattutto in contesti contemporanei quali il conflitto in Ucraina, le tensioni con la Corea del Nord, tra gli altri. In questo quadro, il lavoro del Movimento è mostrare con fatti e cifre, dati empirici di vario tipo, qual è l’impatto di un’arma nucleare, le radiazioni che seguono la sua detonazione, la distruzione fisica, l’incapacità di garantire assistenza, nonché gli altri effetti a lungo termine.

Un altro elemento che è molto importante sottolineare, infatti, è che gli effetti di un’arma nucleare non possono essere contenuti nel tempo e nello spazio, quindi non si limitano soltanto al Paese direttamente colpito.

È un lavoro che comunque non stiamo portando avanti da soli: si impegnano con noi molti Governi, organizzazioni della società civile, tra cui la Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari (ICAN). Si tratta di un vero e proprio sforzo concertato attraverso una serie di conferenze, studi, attività di ogni tipo, per illustrare, in termini scientifici, le conseguenze umanitarie su cui è necessario focalizzare l’attenzione. Naturalmente è una sfida continua ma il TPNW è stato un grande passo avanti in questo senso, anche se la strada da fare resta ancora molta.

MG: Supponiamo invece che si verifichi lo scenario peggiore, e che il mondo assista ad un altro attacco nucleare, quale sarebbe il ruolo del Movimento in questo caso?

RL: Beh, il ruolo del Movimento sarebbe, come in altri tipi di conflitto o disastri naturali, quello di fornire assistenza immediata, soccorso umanitario e così via. In caso di detonazione nucleare però, come ho già detto, molte infrastrutture sarebbero distrutte, comprese quelle mediche, e il personale medico e sanitario in gran parte ucciso o ferito. Questo chiaramente rende molto complesso poter fornire aiuti. Inoltre, i trasporti sarebbero estremamente disturbati, le strade e le ferrovie bloccate, gli aeroporti messi fuori uso. Sarebbe molto difficile trasportare materiale e personale sul posto dell’esplosione. E poi si aggiunge anche il rischio di radiazioni, alle quali il personale di soccorso, incluso lo staff di Croce Rossa, non può essere esposto.

Quindi, naturalmente, anche in questo scenario il Movimento sarebbe presente e farebbe tutto il possibile per assistere le persone colpite ma, come già detto, la nostra capacità di assistenza sarebbe estremamente limitata. Questo fondamentalmente è il motivo per cui non vogliamo mai più trovarci in una situazione simile, ed è per questo che ci impegniamo in prima linea per garantire che queste armi non vengano mai più utilizzate.

MG: Quali sono i messaggi più importanti che la comunità internazionale può ereditare dal lavoro svolto dal Movimento?

RL: Direi che il primo messaggio è che la prospettiva umanitaria è la più importante. Si può parlare di sicurezza, di difesa, di equilibrio strategico e così via ma alla fine, anche quando si parla di sicurezza, il focus principale deve essere la sicurezza delle singole persone, quella che chiamiamo sicurezza umana. Non serve a nulla difendere un Paese se tutti i suoi abitanti sono morti. Credo che questo sia un messaggio importante. Ogni volta che affrontiamo questo tipo di questioni – armi, guerra, differenze politiche – l’attenzione deve sempre concentrarsi sul loro effetto sugli esseri umani. E il Movimento, avendo assistito in prima linea a quello che è l’effettivo costo umanitario della detonazione di un’arma nucleare, è chiaramente ben posizionato per poter sensibilizzare sia Governi che opinione pubblica su questo tema.

L’altro messaggio importante è che il cambiamento è possibile e che il Movimento, in quanto rete globale composta da diverse organizzazioni che lavorano insieme, può davvero fare la differenza. Penso che l’abbiamo già visto con la creazione e l’adozione del TPNW. Una coalizione di attori che la pensano allo stesso modo e lavorano per lo stesso obiettivo possono avere un effetto tremendamente potente – quindi tutti insieme, Movimento, Governi, altre organizzazioni della società civile – possiamo davvero cambiare le cose.

MG: Quindi possiamo dire che un mondo il cui equilibrio si basa sulle armi nucleari, non durerà per sempre. Sei d’accordo? Vedi la possibilità concreta di un cambiamento futuro?

RL: Proprio così e, personalmente, sono ottimista. Non sarà un cambiamento rapido ma credo che il messaggio (della necessità di abolire le armi nucleari, n.d.r.) sia così convincente che alla fine ci arriveremo. E una delle cose più interessanti è che, a differenza di quello che succede con altri tipi di armi quali mine antiuomo o munizioni a grappolo, che alcuni Stati ritengono essere legittime e militarmente necessarie, quando si parla di armi nucleari tutti gli Stati – anche quelli che le possiedono o sono alleati di Stati che le possiedono – concordano, almeno in linea di principio, sul fatto che queste ultime siano un male e che dovrebbero essere abolite[1]. Quindi cercare di ottenere un mondo libero dalle armi nucleari è un obiettivo comune, anche se ci sono forti differenze su quando e come l’obiettivo dovrebbe essere perseguito. Questo è già un passo importante. Bisogna ancora fare progressi ma il nostro lavoro poggia su basi solide.

MG: Cosa possono fare gli Stati, concretamente, per garantire che le armi nucleari siano effettivamente messe al bando, non vengano mai più utilizzate e non facciano mai più parte del dibattito internazionale?

RL: Posso essere molto chiaro su questo punto perché abbiamo messaggi altrettanto chiari per gli Stati, che sono stati enunciati dalla Presidente del CICR in occasione del vertice del G7 tenutosi ad Hiroshima lo scorso anno, nel maggio 2023. Innanzitutto, chiediamo agli Stati di firmare e ratificare il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW). Aderire a questo Trattato è di certo la cosa più importante e concreta che ogni Stato possa fare per avvicinarsi all’eliminazione totale delle armi nucleari.

In secondo luogo, vorremmo che gli Stati fossero molto coerenti e diretti nel condannare tutte le minacce di usare armi nucleari. Questo è molto importante sia per avvicinarsi all’eliminazione di queste armi che per ridurre il rischio che vengano usate di nuovo. Allo stesso modo, chiediamo ai Governi anche di astenersi dalla retorica che specula sul possibile uso di armi nucleari o che ignora o minimizza le loro conseguenze umanitarie. Vogliamo infatti mantenere il tabù sul non utilizzo di queste armi: il loro utilizzo deve essere considerato inimmaginabile.

Per quanto riguarda gli Stati dotati di armi nucleari che non sono ancora pronti ad aderire al TPNW, li invitiamo ad adottare nell’immediato misure concrete per ridurre il rischio di utilizzo delle armi nucleari, ad esempio togliendole dall’allerta di emergenza, impegnandosi ad adottare una politica di non primo utilizzo e riducendo il ruolo che ricoprono queste armi nelle loro politiche di sicurezza. Questi sono passi concreti e pratici per ridurre la possibilità che le armi nucleari vengano usate per sbaglio o di proposito, per errore di calcolo o altro.

Infine, gli Stati dovrebbero anche dare piena attuazione al TNP nonché a tutti gli impegni assunti nelle conferenze di revisione di tale Trattato, che rappresenta un percorso importante per raggiungere la completa eliminazione delle armi nucleari.

MG: Sente il bisogno di aggiungere altro?

RL: Vorrei insistere sul punto dell’ottimismo, che credo sia molto importante. Le armi nucleari possono essere un argomento deprimente e, soprattutto al giorno d’oggi, in Europa in particolare, destano – comprensibilmente – molta preoccupazione. Credo però che sia importante guardare quanta strada abbiamo fatto e il contributo che il Movimento è riuscito a dare per avvicinarci ad un mondo libero dalla minaccia nucleare. Abbiamo fatto la differenza e possiamo ancora fare la differenza, continuando a lavorare con i Governi e la società civile. Un mondo libero dalle armi nucleari è possibile.

[1] Ad esempio, i cinque Stati dotati di armi nucleari che sono parte del Trattato di Non Proliferazione Nucleare (TNP) hanno l’obbligo giuridico, ai sensi dell’articolo 6 del Trattato, di “[…] concludere in buona fede trattative su misure efficaci per una prossima cessazione della corsa agli armamenti nucleari e per il disarmo nucleare […]”. Alle conferenze di revisione del TNP, questi stessi Stati hanno anche assunto “l’impegno inequivocabile […] di realizzare l’eliminazione totale dei loro arsenali nucleari”. I quattro Stati dotati di armi nucleari che non sono parte del TNP (India, Pakistan, Israele e Corea del Nord) hanno tutti rilasciato dichiarazioni ufficiali alle Nazioni Unite così come in altri fora, affermando il loro sostegno al disarmo nucleare globale.

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